Cambiare il modello dei consumi non è solo una necessità ma soprattutto un’occasione per migliorare la qualità della nostra vita e consentire di adattarci alle nuove caratteristichdi un pianeta in cui gli abitanti e le loro esigenze aumentano, mentre cresce l’inquinamento e le risorse naturali sono sempre le stesse o addirittura diminuiscono.
Non è più rinviabile per noi e per il bene delle generazioni future un deciso ripensamento oltre che dei nostri modelli di consumo anche del sistema di produzione, attraverso l’introduzione di tecniche che utilizzino meno materia e meno energia e che non siano dannose per l’ambiente e la salute dei lavoratori e delle popolazioni. Mentre nel mondo si afferma sempre più la necessità di sviluppare una “economia verde” in grado di trasformare i rifiuti in risorsa, nel nostro Paese continua ad essere un problema ed in particolare nelle regioni meridionali l’ambiente fa rima con emergenza.
Nelle regioni meridionali le criticità presenti nel settore della gestione e dello smaltimento dei rifiuti si sono trasformate in vere e proprie situazioni di emergenza. Quasi tutte le regioni del Sud Italia hanno una gestione commissariale del ciclo dei rifiuti: la Puglia da 10 anni, la Calabria da 12 e la Campania dal 1994.
In Sicilia, lo stato di emergenza dei rifiuti è stato dichiarato dal 30 giugno 1999 tramite il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 22 gennaio 1999, con l’obiettivo di intervenire sullo stato di inadeguatezza delle discariche. Lo stato emergenziale, previsto originariamente fino al 2000, si è protratto coinvolgendo tre Commissari delegati che erano anche Presidenti della Regione: gli onorevoli Angelo Capodicasa (1999/2000), Vincenzo Leanza (2000/2001) e Salvatore Cuffaro (2001/2006).
Dopo una breve pausa, il nuovo presidente della Regione Raffaele Lombardo è stato nominato Commissario per l’emergenza rifiuti lo scorso 9 luglio dal Consiglio dei Ministri.
L’istituto del commissariamento si è dimostrato fallimentare poiché non è riuscito ad assolvere il compito per cui era nato, quello di uscire dall’emergenza ed attivare un effettivo ciclo integrato dei rifiuti. L’emergenza è divenuta la condizione “naturale”, stabile e ordinaria del sistema, la proroga dei poteri straordinari ha trasformato in ordinari strumenti legislativi e compiti che avrebbero dovuto avere un carattere straordinario e temporaneo.
La gestione dei rifiuti nell’Isola si è basata quasi esclusivamente sullo smaltimento dei rifiuti in discariche attivate dai Sindaci con procedure d’urgenza successivamente chiuse senza procedere alle bonifiche, mentre la raccolta differenziata ha conseguito risultati irrilevanti.
L’esperienza fallimentare viene certificata dalla relazione della Corte dei Conti siciliana sulla spesa pubblica nel periodo dal 1999 al 2005: sono state spesi 209 milioni di euro nel settore, di cui 40 milioni (circa un quarto dell’ammontare) sono stati destinati al solo mantenimento burocratico della struttura commissariale, 60 milioni di euro, circa un terzo del totale delle risorse spese, sono serviti per il mantenimento delle discariche. Un’ulteriore conferma viene dal rapporto finale di esecuzione, recentemente approvato, del Programma Operativo Regionale dei fondi strutturali del 2000/2006.
Nella voce relativa alla gestione integrata dei rifiuti la Regione ha investito ben 300 milioni di euro con l’obiettivo di migliorare la raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani e la quantità di frazione umida trattata in impianti di compostaggio per produrre fertilizzante di qualità.
La raccolta differenziata, nonostante la costruzione di 260 isole ecologiche e 64 centri di raccolta e impianti di trattamento, è passata dal valore in percentuale di 1,9% nel 2000 a 6,7% nel 2008, mentre nel Mezzogiorno il valore è passato da 8,8% a 14,7 e la media nazionale si è attestata nel 2008 al 30,6% rispetto al dato del 2000 che era pari al 14,4%. La quantità di frazione umida trattata in Sicilia ha registrato un valore percentuale nel 2008 di 6,4% rispetto al dato nel 2000 pari a zero; nel Mezzogiorno si è passati dal 2,4% al 14,7% e la media in Italia dal 18,3% al 30,7%.
In Sicilia, l’emergenza ha impedito l’allineamento ai principi contenuti nelle normative emanate in materia dall’Unione Europea e dall’Italia, escludendo il primo periodo delle fase commissariale che ha visto la nascita di un Piano degli interventi per l’emergenza rifiuti nel 2000 elaborato da una Commissione scientifica affidata al professore Aurelio Angelini.
Il sistema del ciclo integrato era organizzato in 9 Ambiti territoriali ottimali corrispondenti alle province siciliane, fissava un obiettivo del 50% di raccolta differenziata e, successivamente, vengono emanate le linee guida per la raccolta differenziata e vengono stanziati 350 milioni di euro.
Con l’ordinanza del 2002 del governo Berlusconi viene prorogato lo stato di emergenza fino al 2004 al Commissario delegato Salvatore Cuffaro. Nel novembre 2002, in deroga alla previsione della normativa nazionale il Commissario delegato individua ben 27 Ambiti territoriali ottimali e vengono costituite 27 società di capitali in ciascun Ambito per la gestione integrata dei rifiuti, cui devono partecipare i Comuni interessati e la Provincia.
Nell’agosto del 2002, in deroga al bando di gara europeo, viene emanato un avviso pubblico con le procedure di selezione per la stipula di convenzione per l’impiego della frazione residua della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. L’avviso pubblico stabilisce che la localizzazione e il numero degli impianti di incenerimento con recupero di energia (denominati per indorare la pillola con il termine non scientifico ma commerciale di “termovalorizzatori”) vengano decisi dagli operatori industriali. Gli impianti erano progettati per una potenzialità di 2.604.410 tonnellate/anno di rifiuti, “tal quale” senza produzione del così detto “combustibile da rifiuti”, pari alla quantità di rifiuti prodotti nell’Isola.
Successivamente, il Commissario delegato e Presidente della Regione Salvatore Cuffaro, nel dicembre 2002, dopo aver scelto di incenerire la totalità dei rifiuti prodotti, adotta il Piano regionale di gestione dei rifiuti e delle bonifiche con l’obiettivo del 35% della raccolta differenziata, in deroga alle previsioni di legge, poiché la competenza spetta all’organismo legislativo, quindi all’Assemblea Regionale Siciliana.
Nel frattempo, nessuna iniziativa è stata attivata dalla Regione per incrementare la raccolta differenziata e ridurre gli imballaggi e la produzione di rifiuti. Nel maggio 2003, con l’ordinanza n. 333 viene assegnato ai quattro aggiudicatari della gara il servizio di incenerimento dei rifiuti per 20 anni, con un costo stimato superiore alla tariffa per le regioni in regime di commissariamento come la Calabria e la Campania.
I quattro impianti vengono ubicati dagli operatori, che tra l’altro non erano in possesso della disponibilità fisica delle aree come prevedeva il bando al momento di presentazione delle offerte, nei Comuni di Casteltermini/Campofranco (Ag), Palermo (Bellolampo), Augusta (Sr) e Paternò (Ct). I siti sono stati scelti in base alle esigenze economiche delle imprese senza nessuna consultazione con le popolazioni locali, come prevede la normativa europea e nazionale.
I siti sono stati ubicati in prossimità di centri abitati ed in aree contigue a siti di importanza comunitaria con un consistente impatto ambientale e sulla salute pubblica derivante dal trasporto dei rifiuti. La mancanza di trasparenza nella procedura da parte della pubblica amministrazione è grave in un contesto regionale soggetto alle infiltrazioni mafiose nelle procedure di gara, in particolare in un settore altamente permeabile alla criminalità organizzata come quello dei rifiuti, dove convivono strutture amministrative corrotte, criminalità e cattiva politica e transitano ingenti flussi di denaro pubblico.
La Corte dei Conti siciliana ha evidenziato la mancata acquisizione dell’informativa antimafia tanto da essere stata stipulata la convenzione con una società aggiudicataria risultata infiltrata dalla criminalità mafiosa della gara in due dei quattro sistemi integrati. La società in seguito è uscita dai due raggruppamenti aggiudicatari vendendo le proprie quote agli altri soci, ricavandone comunque un ottimo affare poiché l’aggiudicazione delle gare ne ha aumentato il valore.
Nella relazione finale della Commissione Parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, approvata il 27 febbraio 2008, si scrive che esponenti di Cosa Nostra in collusione con politici, professionisti e imprenditori progettavano di intervenire sul ciclo di smaltimento (raccolta, trasporto, discarica, incenerimento) per mettere le mani su un affare imponente, dove confluivano ingenti finanziamenti pubblici e introiti derivanti dalla gestione dei servizi.
Il quadro allarmante dell'inefficienza del sistema di gestione del ciclo integrato dei rifiuti in Sicilia viene altrettanto evidenziato dai gravi problemi organizzativi e gestionali delle 27 società di capitali, che in gran parte hanno creato un enorme disequilibrio economico al di fuori delle regole di mercato e del buon senso, pari ad oltre un miliardo di euro di debiti che rischiano di portare i Comuni al collasso finanziario, i lavoratori del settore senza stipendio, gravi problemi alla salute pubblica per l’accumulo di spazzatura nelle strade e per l’illegalità nella gestione della discarica, e bollette salate ai cittadini.
L’incapacità manageriale degli Amministratori ha prodotto clientelismi, sprechi, assunzioni illegittime ed una gestione fallimentare sia sotto l’aspetto della corretta gestione del ciclo (basta pensare ai risultati nella raccolta differenziata, nella costruzione di una filiera industriale del riciclo, che in quello finanziario. Nel luglio del 2007, la Corte di giustizia delle Comunità europee sentenzia l’illegittimità della gara per i quattro megainceneritori per violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici.
Il 22 settembre del 2007 si è svolta una prima manifestazione regionale promossa dalle forze ambientaliste, dai comitati civici e da alcune forze politiche e sindacali, tra cui la CGIL, per dire basta alla gestione emergenziale e commissariale, per dire no ai quattro megainceneritori voluti dal governo Cuffaro e sì alla raccolta differenziata e al riciclaggio.
La grande manifestazione regionale di Catania del 15 Dicembre 2007, promossa da un cartello molto più ampio della precedente manifestazione di settembre, ha registrato la partecipazione di 12.000 cittadini provenienti da tutte le province siciliane. La CGIL ha partecipato alla manifestazione con delegazioni provenienti da tutte le Camere del Lavoro territoriali e di tutte le categorie; le forze politiche di opposizione al governo Cuffaro erano tutte presenti, anche quelle favorevoli all’incenerimento con recupero energetico della parte residuale dei rifiuti.
L’obiettivo della manifestazione era la richiesta di procedere alla definizione di un nuovo Piano sui rifiuti incentrato su una corretta gestione integrata del ciclo, in conformità con la normativa europea e nazionale di gestione sostenibile dei rifiuti (le quattro “R”: riduzione, raccolta differenziata, riuso e riciclaggio), che punti sulla responsabilità industriale nella produzione e nella distribuzione dei prodotti e sulla ricerca e l’innovazione dei prodotti.
Dopo due anni di governo Lombardo fatto di proclami, annunci, di riforme approvate e poi annullate, finalmente l'Assemblea Regionale Siciliana approva con un solo voto contrario, la riforma del settore (legge regionale 9/2010 dello scorso aprile) che cerca di mettere ordine all’intero sistema dei rifiuti nel rispetto delle normative europee e nazionali e che entrerà a pieno regime entro il prossimo aprile del 2011.
La riforma sancisce la netta separazione tra governo (controllo, indirizzo, vigilanza) e gestione del servizio, recepisce le direttive europee e quella nazionale in materia di rifiuti, prevede la diminuzione del numero degli ambiti territoriali ottimali da 27 a dieci, la liquidazione, entro un anno, delle vecchie società di capitali d’ambito e la sostituzione con dieci nuove società consortili, una per ciascun nuovo ambito, denominate “Società per la Regolamentazione del servizio di gestione Rifiuti”.
Le quote di partecipazione delle SRR sono esclusivamente a carico dei Comuni (95%) in base alla popolazione residente e il restante 5% a carico della Provincia. Il grave stato passivo di debiti derivante dalla pessima e clientelare gestione di gran parte delle vecchie società d’ambito dovrà essere ripianato per il 50% dai Comuni ed il restante 50% dalla Regione.
Se questo non si realizzerà, la gestione resterà come prima, quella che ha prodotto un passivo ipotizzato di circa un miliardo di debiti, con il conseguente ritardo nei pagamenti dei dipendenti, il blocco della raccolta, la chiusura di alcune discariche e il proliferare dei cumuli d’immondizia abbandonati nelle città, clientelismi, inefficienze e infiltrazioni malavitose.
Si deve cambiare il precedente sistema, ridimensionando l’occupazione compiuta dal potere politico delle dirigenze e delle responsabilità gestionali che ha prodotto il dissesto economico e finanziario. La legge non è perfetta, mancano norme più incisive in materia di lotta alle ecomafie per contrastare in maniera più efficace gli evidenti interessi della criminalità organizzata che ha puntato molto sullo smaltimento dei rifiuti e sulle discariche, anche quelle abusive “invisibili”, che arrecano danni al territorio e minacciano la salute dei cittadini, anche se il problema può essere risolto completamente quando a livello nazionale si inserirà finalmente il reato ambientale nel codice penale.
Vanno utilizzate le norme di certificazione antimafia per evitare infiltrazioni, garantire la legalità, tutelare la sicurezza ed il rispetto dei diritti dei lavoratori, inserire norme rigide nel contratto di servizio per l’affidamento della gestione dei rifiuti in materia di controlli del servizio, di definizione del tariffario e delle attività che possono essere date in sub-appalto. Inoltre, mancano norme per l’individuazione di organismi di consultazione dei consumatori, dei cittadini, delle rappresentanze sociali e economiche, sia in ambito regionale che in ciascun Ambito, per garantire l’informazione, la partecipazione ed i diritti degli utenti.
Invece di fare luce sugli anni precedenti e le tante illegalità scaturite dalla precedente gestione commissariale dell’emergenza e di procedere all’attuazione della nuova riforma che prevede finalmente una ordinaria gestione del ciclo, lo scorso 9 luglio il Consiglio dei ministri ha nominato il Presidente della Regione Raffaele Lombardo Commissario delegato per l’emergenza rifiuti fino al 31 dicembre 2012. Un atto altamente inquietante. Il Commissario delegato ha il compito di predisporre il Piano regionale entro 60 giorni, quindi, per fare quanto già previsto dalla legge di riforma regionale 9/2010.
Anche se in ritardo, il Commissario delegato lo scorso 15 ottobre ha consegnato il Piano alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla Protezione civile, successivamente passerà al Ministero per l’Ambiente per la valutazione definitiva, senza prevedere alcun preventivo passaggio, pur previsto dalle norme vigenti, con le Organizzazioni Sindacali.
Una procedura commissariale, stabilita dall’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 23 luglio 2010, in difformità alla normativa vigente che prevede l’approvazione del Piano da parte del Parlamento siciliano, previa consultazione con il partenariato istituzionale, economico e sociale. Una vera e propria esautorazione delle competenze attribuite alla Regione.
L’ordinanza, inoltre, consente al Commissario di derogare ad una serie di disposizioni in base alla direttiva del 22 ottobre 2004 “Indirizzi in materia di protezione civile in relazione all’attività contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavoro, di servizi e di forniture di rilievo comunitario”.
Una inaccettabile deroga all’ordinamento giuridico comunitario e nazionale che tanti guasti, come si evince dalle indagini giudiziarie che hanno smascherato la presenza di un così detto “sistema protezione civile” che ha generato nel Paese corruzione, infiltrazione di criminalità organizzata e sprechi di denaro pubblico.
L’ordinanza prevede il controllo da parte del Dipartimento della Protezione civile e del Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare in una materia di competenza della Regione; consente al Commissario di approvare dei progetti, dare pareri, autorizzazioni, concessioni, in materia di strumenti e vincoli urbanistici di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali; il Commissario può precettare i lavoratori, disporre di un finanziamento di 200 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate, mai arrivati, di realizzare impianti di termovalorizzazione, in deroga alle vigenti previsioni edilizie e urbanistiche.
Un’autorizzazione all’illegalità senza alcun controllo democratico che continua a produrre contraddizioni e malessere fra i cittadini, come nel caso della vicenda legata alla discarica di Assoro (En) contestata dalle popolazioni del territorio, che impedisce di indagare e fare luce sulla precedente gestione fallimentare dell’emergenza.
Il Piano deve scaturire da un confronto con le istituzioni locali con le parti sociali e le comunità territoriali e definire un sistema di monitoraggio costante del processo di attuazione e di un controllo democratico da parte dei cittadini, che ha un ruolo strategico nel nuovo sistema di gestione.
Anche nell’individuare un piano delle discariche che consenta in una prima fase di realizzare un nuovo e corretto ciclo integrato dei rifiuti in ogni ambito provinciale, ad oggi pressoché inesistente, deve essere condiviso con le comunità locali.
L’obiettivo prioritario del Piano deve essere la salvaguardia ambientale, la salute dei cittadini e la sicurezza sul lavoro attraverso una gestione del ciclo integrato che contenga al minimo il costo del servizio reso agli utenti con tariffe eque che tutelino le fasce sociali più deboli.
Il Piano deve definire uno specifico piano per definire le azioni idonee a prevenire e, quindi ridurre la produzione dei rifiuti; sviluppare le linee guida per la raccolta differenziata prevedendo tariffe premianti ai cittadini che riducono la produzione dei rifiuti ed incrementano la raccolta dei materiali riciclabili.
L’accelerazione sugli obiettivi di raccolta differenziata va agganciata al loro effettivo riutilizzo e recupero, in linea con il nuovo dettato comunitario sui rifiuti (Direttiva 98/2008/CE).
La nuova direttiva Europea, infatti, impone che i materiali raccolti con il metodo della raccolta differenziata abbiano dei criteri di efficienza, economicità e valenza ambientale, ovvero che devono trovare un effettivo sbocco sui mercati del riciclo, non basta imporre meramente il raggiungimento di una certa percentuale, senza considerare come e in che misura avviene l'effettivo riutilizzo.
Si devono creare le premesse per sviluppare una efficiente filiera industriale e produttiva del riciclaggio, utilizzando al meglio i fondi nazionali e regionali oltre a quelli strutturali europei della nuova programmazione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007/2013 (Programma Operativo e Obiettivo di servizio).
Le scelte impiantistiche devono essere semplici, affidabili, economiche ed accompagnate da un piano finanziario dettagliato degli interventi; gli impianti, come quelli di compostaggio che trattano il materiale umido della raccolta differenziata per trasformarlo in compost di qualità (fertilizzante per terreni agricoli), devono garantire economie di investimento e gestionali.
La volontà, già pubblicamente annunciata dal governo nazionale, di bocciare le linee guida e le strategie del Piano inviato dalla Regione siciliana nasconde la precisa intenzione di imporre nuovamente, con ritocchi di ammodernamento, quel vecchio progetto di gestione del ciclo dei rifiuti, dimostratosi fallimentare, incentrato sull’incenerimento procedendo alla militarizzazione del territori e calando le scelte dall’alto senza il consenso dei siciliani, come avvenuto in Campania.
La CGIL si farà promotrice di una azione politica che riparta dall’ampia mobilitazione polare sviluppatasi con la manifestazione di Catania del 2007, che creò le premesse per raggiungere in concreto l’obiettivo, oggi definitivamente sancito, di annullare il precedente progetto sui quattro mega inceneritori.
Un’azione capace di contrastare questa nuova e ancor più pericolosa fase emergenziale, responsabilizzando l’intera comunità per applicare una ordinaria e corretta gestione del ciclo dei rifiuti.
Il sistema migliore per sottrarre rifiuti alla discarica ed al tempo stesso permettere il recupero di materia è quello di realizzare la raccolta differenziata e attivare una filiera industriale sostenibile per lo sviluppo di attività economiche legate al ciclo del recupero, riuso e riciclaggio, garantendo risultati positivi in materia ambientale sia per la riduzione di emissioni sia per la riduzione dell’’inquinamento di superficie e di profondità, nonché sul versante economico e occupazionale.
Pertanto, serve una educazione ambientale permanente sul ciclo dei rifiuti, le sue fasi, le alternative praticabili per dimostrare che con la raccolta differenziata, l’impegno dei cittadini, l’organizzazione di un servizio efficiente e la corretta gestione del ciclo integrato, si riducono le tasse, si vive meglio, si inquina meno.
Questo è il fine che si propone il video d’inchiesta sull’emergenza rifiuti in Sicilia prodotto dalla CGIL regionale dal titolo “Costruire l’emergenza”* di Giuseppe Croce e Paolo Schembari: evitare gli errori del passato e impiantare subito una politica dei rifiuti efficiente e trasparente, indispensabile per evitare il peggioramento della situazione.